Gianni Lora Lamia - © gianniloralamia © Giletti s.p.a. - Tutti i diritti riservati - Photo DPPI

Quel giorno non l’avevamo fatta grossa. Grossissima!

Molti dei team manager, anche di Mitsubishi, vennero a farci i complimenti. In quell’anno ero la rivelazione della Dakar. Solamente perchè non ero un Francese, non ho potuto negli anni a seguire vincere la Dakar. A detta di molti, ero uno dei futuri vincitori, ma purtroppo per mia sfortuna non ero un Francese! Alla sera, al briefing del Team Nissan a Bir Mogrein, mi venne fatta una proposta dai team managers e dagli ingegneri responsabili Giapponesi; siccome avevano fatto due conti ed avevano capito che ero l’unico in grado di stare attaccato a Stephane Peterhansel, mi chiesero se accettavo di essere la sua ombra per il resto della corsa e soprattutto di aiutarci uno con l’altro nelle temibili prove in Mauritania.

Quella sera non diedi alcun tipo di risposta, chiedendo di poterci riflettere fino al mattino. Nella notte “da un milione di stelle” a Bir Mogrein, non dormii molto e inizialmente decisi di non accettare, poiché avevo un leggero sospetto. Pensavo avessero una certa paura che io potessi – visto il mio comportamento impeccabile e veloce fino quel giorno – di poter stare davanti a Stephane. Per loro era molto importante. E’ vero che c’erano i Giapponesi, ma i Francesi sono sempre stati molto furbi per questo tipo di cose!

Al mattino seguente, pensandoci bene, mi sono detto: “Beh magari accettando questo, mi potrebbe essere utile per continuare nella squadra ufficiale.” Tra le altre cose, non avevo nessuna difficoltà a stare dietro a Stephane; anzi a volte avrei dovuto anche alzare il piede dall’acceleratore per non stargli davanti. In ogni caso essendo comunque anche lui molto veloce, non sarebbe stato un sacrificio. Anzi, quando hai la lepre davanti a te, alla fine risulti sempre più veloce di lei! Al che dettai le mie regole; se lui restava fermo, io mi fermavo non per più di 10 minuti e gli lasciavo i pezzi necessari per un’eventuale riparazione. Viceversa per lui. Per quanto riguardava invece di navigare e viaggiare insieme nelle difficili tappe di dune era tutto ok! La scelta si rivelò spettacolare ed eravamo tutti e due velocissimi; a volte io davanti a lui e lui davanti a me. Insomma ci siamo divertiti. Lui essendo motociclista, che aveva vinto 6 volte in moto, sapeva navigare molto bene. Quei 451km di speciale della quarta tappa, furono un sogno.

Gianni ci ha deliziato con un piccolo assaggio della sua Dakar 1999. Una gara che ha portato la bandiera tricolore italiana in vista, dando un assaggio di che cosa potevamo fare. Non solo tra le moto, ma anche tra le auto come Gianni ci ha fatto ricordare. Ma le storie non sono finite qui; ci sono tanti altri aneddoti nascosti relativi alla Dakar 1999 che ci aspettano!

Nel frattempo vi anticipiamo la classifica di quell’anno:


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