Arrivati a Granada abbiamo avuto un poco ortodosso inizio, cosi definito dai giornalisti. Dopo aver capottato la nostra Nissan Patrol GR durante il prologo sulla pista militare di Armilla, davanti alle televisioni di tutto il mondo, la foto del nostro Nissan a gambe all’aria fece il giro del globo. La prima cosa che la mia famiglia vide il giorno seguente fu proprio quella famosa foto della nostra auto messa su di un fianco, fortunatamente con pochi danni; uno specchio retrovisore rotto e 10 minuti persi per raddrizzare la macchina.
Arrivati in Marocco, la decisione era di attaccare subito dai primi kilometri, e cosi fu. La mia progressione alla Dakar 1999, fu semplicemente spettacolare ed intelligente allo stesso tempo, dall’inizio fino alla fine. Arrivammo alla tappa Tan Tan – Bir Mogrein che portava i concorrenti dal Marocco alla Mauritania: 451 km di speciale, un massacro di pietre taglienti come coltelli, un disastro di auto ferme senza più ruote di scorta e costretti ad aspettare le assistenze per ore. Quel giorno le prime 20 auto, le più veloci – noi compresi – partivano con quattro ruote di scorta. Dava un’idea di quello che ci stava aspettando.
Nonostante fui molto veloce (prendendo anche qualche rischio), ero riuscito a non avere neanche una foratura, tanto da cedere una ruota di scorta ad un mio compagno di squadra, perdendo una decina di minuti. Finite le pietre, con ancora 100km da percorrere, avevo la sicurezza di avere ancora tre ruote di scorta a disposizione. Avevo intuito che quella era la giornata giusta; ho spinto come se non ci fosse un domani fino all’arrivo della speciale a Bir Mogrein. L’unica cosa che ci aspettava in un punto nel bel mezzo del deserto del Sahara, era lo spettrale forte della Legione Straniera Francese abbandonato da secoli.
All’arrivo della speciale, André Dessoude e due ingegneri Giapponesi della Nissan che stavano aspettando le auto, si avvicinarono al mio finestrino. Ancora rintronato dai 451 Km della speciale senza respiro, li ascolto:
“You have done a good job today guys, the entire Nissan Motorsport Team and the woldwide TV Networks waiting for you at the bivouac”
(Avete fatto un ottimo lavoro oggi ragazzi. L’intera Nissan Motorsport e la TV mondiale vi aspettano al bivacco)
Al che qualcosa non mi quadrava. Rivolgendomi a Roberto (Di Persio il mio navigatore), gli dissi: “Mi sa che oggi l’abbiamo fatta davvero grossa”. Non sapevo i tempi ancora, ma ai controlli a timbro facevo sempre chiedere a Roberto quante macchine erano già passate e quindi facendomi due conti, una mia idea più o meno me la ero fatta. Naturalmente gli ingegneri sapevano benissimo i tempi ed avevano già in mano la classifica provvisoria della tappa. Per farla breve in quel giorno che era sembrato un’apocalisse per molti, chiudevamo la speciale al sedicesimo posto assoluto che già era un impresa da giganti, considerando di finire in mezzo alle prime 20 auto ufficiali. Mostri sacri, gli intoccabili. Noi pero li avevamo toccati quel giorno. Eccome se li avevamo toccati.
Davanti a noi, con il nostro tempo di 5h06’02m per soli 15 secondi un velocissimo Stephane Peterhansel. Colui che negli anni successivi avrebbe vinto otto volte. Era riuscito a stare davanti a noi solamente perchè ci eravamo fermati per dare quella ruota. Dietro, con un tempo di 5h06’17, un certo Luc Alphand; Campione del Mondo di sci discesa libera (sarà poi vincitore della Dakar nel 2006). Henry Pescarolo addirittura si trovava a più di 8 minuti da noi, senza parlare di una lunga interminabile lista di piloti esperti e veloci… quel giorno tutti dietro e con la coda tra le gambe !
Un racconto di ©gianniloralamia. Tutti i diritti riservati.
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